Ogni momento in cui ci abbandoniamo all’ira è un momento in cui scegliamo di essere infelici
Nell’articolo di oggi parleremo di un sentimento violento che, a volte, può dominarci e sconvolgerci: la collera. Si tratta di un’emozione che spesso coinvolge più persone, oltre a noi stessi, e ci porta ad abbandonarci agli istinti più profondi. Quando ne siamo in preda, siamo portati a fare o dire cose che, a mente salda, non faremmo o diremmo mai, con tutte le conseguenze che ne possono derivare. Per parlarvi al meglio di questo argomento, vi racconterò di un’esperienza personale di questo tipo, avvenuta prima che cominciassi a meditare, in cui ho perso veramente il controllo e di cui mi sono pentito per tanto tempo. È stata una vicenda che, come potrete vedere, mi ha colpito molto e ha condizionato la mia vita, imprimendo nella mia mente delle percezioni di cui solo dopo tanto, e grazie alla meditazione, mi sono liberato.

Io sono in generale una persona calma, o almeno mi vanto di esserlo. Tendo sempre a reagire pacatamente, cercando di fuggire il conflitto, laddove possibile. Non litigo con i ciclisti in strada (non troppo spesso, almeno), e se qualcuno mi supera in fila provo ad ignorarlo. Certo, capita anche a me di arrabbiarmi, come a tutti, ma grazie alla meditazione ho imparato a gestire al meglio questi momenti. Questo atteggiamento, però, è per me una cosa nuova. Infatti, non sono sempre stato una persona serena e tranquilla. Quando ero più giovane non mi si poteva certo definire un monaco zen e gli attacchi di ira erano certamente una parte molto comune della mia esperienza, tanto da condizionare i miei rapporti con le altre persone. Anzi, devo ammettere che si trattava di un vero e proprio problema in molti casi e a volte ne ho dovuto pagare le conseguenze. Vi parlerò, con i dovuti filtri, di uno di questi momenti, anche se non è qualcosa che mi piace ricordare.
Sono cresciuto in un piccolo paesino. Pochi abitanti, tutti più o meno amici. La mia cerchia, all’epoca, era abbastanza caratteristica, fatta di poche persone ma quanto più particolari possibile, forse anche strane agli occhi degli altri. Il protagonista di questa storia è proprio uno di questi miei amici (che lo è ancora oggi).
Era un mattino d’estate. Era molto presto, e come facevo spesso avevo raggiunto una spiaggia, che un mio amico amava particolarmente, per passare qualche ora insieme. Ero arrivato per primo, in macchina, e stavo aspettando che si presentasse. Non era una giornata particolarmente bella, per me. Non ricordo il motivo, ma ero abbastanza scocciato e irritato. Volevo rimanere per conto mio e cercare di sbollire un po’, e non ero particolarmente felice di essere lì. Ciò nonostante, ero in attesa, paziente.

Ad un certo punto, il mio amico arrivò, con il suo solito modo di fare alquanto particolare. Lui è un po’ più giovane di me e aveva preso la patente da molto poco, tanto che ancora non era troppo sicuro alla guida. Inoltre, sapevo che quello per lui era un punto debole e una sorgente di ansia ed era un argomento che cercavo di evitare. Ad ogni modo, si stava avvicinando, in macchina, salutandomi da lontano. Non so se fosse stata una distrazione o se stesse solo cercando di mettersi in mostra, come faceva sempre, ma nell’avvicinarsi alla mia macchina, perse un po’ il controllo e la colpì in pieno. Non fu un vero e proprio incidente, lo ammetto, tanto che ne uscì con solo una portiera ammaccata. E nessuno si fece niente, per fortuna, ma non ero nemmeno felice di ciò che era successo. Tutt’altro!

Il mio amico scese dalla macchina, mortificato, e cominciò a chiedermi perdono. Si scusava in continuazione, offrendosi di pagare tutti i danni mentre correva da una parte all’altra delle vetture per capirne l’entità. Era davvero dispiaciuto, era evidente. Per un po’ rimasi in silenzio, cercando di stare calmo, ma ad un certo punto la mia mente perse il controllo. Lo afferrai per le spalle, di modo di stargli di fronte, e cominciai ad urlare. Lo insultai, pesantemente. Lo accusai di essere uno sfigato, incapace di vivere a questo mondo. Lo ricoprì dalla testa ai piedi di offese e oltraggi, rivolti a lui e alle persone a lui vicine. Cercai di colpirlo e ferirlo usando ciò che sapevo che lo avrebbe fatto stare male, toccando i tasti giusti. Ma non pago, feci di più: inizia a prendere a calci la sua macchina, cercando invano di fare più danni di quanti non ci fossero già. Urlavo e colpivo, ormai fuori controllo, davanti agli occhi increduli dei passanti. E me ne andai senza rivolgergli la parola.

Ero furibondo, in preda alla collera. Quel mio amico aveva proprio esagerato, era tutta colpa sua e si era certamente meritato gli insulti che gli avevo rivolto. Doveva fare più attenzione, non doveva distrarsi. Era sempre il solito, con la testa tra le nuvole, incapace di vivere nella società. Almeno così pensavo inizialmente. Ma, durante il lungo tragitto a piedi verso casa, ebbi il modo di placarmi e pensare. Dopo poco tempo, iniziai a cambiare prospettiva, e subito cercai di illudermi di aver agito nel suo interesse. Gli avevo fatto un favore ad urlargli contro, altrimenti se non si fosse svegliato il mondo l’avrebbe mangiato vivo. Doveva ringraziarmi. E se qualcuno si fosse fatto male? Poteva ferirsi o peggio. Avevo agito solamente nel suo interesse, mi ripetevo continuamente. Ma ogni volta, ero sempre meno convinto delle mie stesse parole.
Subito dopo iniziai a mettere in dubbio la mia posizione. Magari avevo, forse, esagerato un po’, alla fine nessuno si era fatto male e lui era pur sempre un mio amico. Certo, lui era nel torto senza possibilità d’appello, ma forse avrei potuto comportarmi diversamente. E ben presto il dubbio si trasformò in rimorso. Era certo che avevo esagerato. Ma cosa mi era saltato in mente? Gli avevo rivolto delle parole che non avrei dovuto dire, avevo cercato di colpirlo dove sapevo che gli avrei fatto del male. Bell’amico che ero, e tutto per una stupida ammaccatura. Mi sentivo in colpa, alla fine, per quello che gli avevo detto. E subito subentrò l’ansia: probabilmente avevo perso un amico, una delle poche persone con cui mi trovavo bene. Ero stato uno stupido a non essere riuscito a controllarmi, ma ormai era tardi. Era una situazione irrimediabile, era finita. Mi venne in mente di chiamarlo, per scusarmi, ma non mi sentivo a mio agio nel farlo. Lui non avrebbe voluto parlarmi, e come dargli torto.

Passarono molti giorni prima di risentirci. Alla fine, ci siamo chiariti e oggi siamo più amici che mai, ma per molto tempo ho portato dentro questa sensazione di assoluto tradimento nei suoi confronti. Per molto tempo non mi sono sentito all’altezza della sua amicizia e questo sentimento, insieme ad altri scaturiti da eventi simili, ha certamente contribuito ad acuire le mie ansie negli anni successivi e ad inasprire le mie insicurezze.
Questa storia di collera evidenzia, secondo me, una cosa importante: cosa succede quando si perde il controllo. In questi casi, sul momento ci sentiamo legittimati ad agire come agiamo. Ci sentiamo bene perché non ci rendiamo conto di quello che stiamo effettivamente facendo. Siamo ciechi ai sentimenti degli altri e mettiamo al primo posto i nostri, tendendo ad esagerare e ad attribuire ad essi troppa importanza. A volte queste reazioni possono avere delle conseguenze terribili, anche irreparabili, e l’impronta che lasciano negli altri e in noi stessi può essere davvero indelebile. Rischiamo veramente di ferire qualcuno e di essere la causa della sua infelicità. Inoltre, sono davvero devastanti anche per noi stessi. Gli attacchi di ira, per quanto spesso ci facciano sentire bene sul momento, hanno sempre una controindicazione: nel lungo periodo ci segnano negativamente. Ci influenzano in peggio, intrappolandoci in una spirale discendente di odio e rancore, da cui non è facile uscire. Evitare questi momenti, o comunque evitare che si propaghino nella nostra mente, può essere un buon punto di partenza per il cammino verso la felicità. Essere comprensivi e magnanimi, verso gli altri ma anche verso noi stessi, è spesso l’unica cosa che serve per vivere in modo più profondo e appagante.

Con ciò, concludiamo questo articolo. Vi assicuro che non è stato facile parlare di questo evento e che, nonostante abbia fatto passi da gigante da allora, ancora oggi il ricordo di avvenimenti come questo mi sconvolge. Tuttavia, grazie alla meditazione sono riuscito a ridurre sensibilmente il numero dei miei attacchi di collera fino quasi a zero. La mia esperienza di vita ne è uscita rinnovata e, grazie a ciò, oggi riesco a godermi al meglio i rapporti con gli altri. Ho imparato la comprensione e a vivere accettando quello che succede, godendomi a fondo ogni singola esperienza.
In estrema sintesi
- L’ira e la collera sono sentimenti violenti che lasciano il segno su di noi e sugli altri
- Abbandonarsi ad essi può essere devastante e causa conseguenze non facili da affrontare
- Ci intrappolano in una spirale discendente di odio e rancore, ostacolando il nostro viaggio verso la felicità
- Ci lasciano un’amarezza e un’insoddisfazione che ci accompagnano per molto tempo
- Imparare la compassione e la magnanimità ci può aiutare a tenere l’ira e la collera sotto controllo
- Accettare gli avvenimenti ci aiuta a vivere le esperienze più a fondo e ad essere più felici e soddisfatti.
Esemplare.
Vorrei che fosse letto (e compreso) da certi blogger di mia conoscenza 🙂
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Ti ringrazio veramente. Non è stato bello parlarne ma se la mia esperienza può aiutare qualcuno, bene così 😁
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Sarà utile certamente 🙂
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Ci sto’ lavorando…
Il controllo della rabbia non è facile,ma sono felice di poter dire che ho fatto abbastanza passi in avanti
Bel post,ricco di buoni consigli 😊
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Concordo con te: è una delle cose più difficili da fare perché ci richiede uno sforzo enorme. I primi passi sono sempre i più difficili, ma poi i risultati si vedono ☺️
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Vero.
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